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Martina Pacini

Il lavoro per la partecipazione e la democrazia

Pubblichiamo il Messaggio dei Vescovi per la Festa dei Lavoratori (1° maggio 2024) dal titolo: “Il lavoro per la partecipazione e la democrazia”. 

Lavorare è fare “con” e “per”
«Il Padre mio opera sempre e anch’io opero» (Gv 5,17). Queste parole di Cristo aiutano a vedere che con il lavoro si esprime «una linea particolare della somiglianza dell’uomo con Dio, Creatore e Padre» (Laborem exercens, 26). Ognuno partecipa con il proprio lavoro alla grande opera divina del prendersi cura dell’umanità e del Creato. Lavorare quindi non è solo un “fare qualcosa”, ma è sempre agire “con” e “per” gli altri, quasi nutriti da una radice di gratuità che libera il lavoro dall’alienazione ed edifica comunità: «È alienata la società che, nelle sue forme di organizzazione sociale, di produzione e di consumo, rende più difficile la realizzazione di questo dono ed il costituirsi di questa solidarietà interumana» (Centesimus annus, 41).
In questa stessa prospettiva, l’articolo 1 della Costituzione italiana assume una luce che merita di essere evidenziata: la “cosa pubblica” è frutto del lavoro di uomini e di donne che hanno contribuito e continuano ogni giorno a costruire un Paese democratico. È particolarmente significativo che le Chiese in Italia siano incamminate verso la 50ª Settimana Sociale dei cattolici in Italia (Trieste, 3-7 luglio), sul tema “Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro”. Senza l’esercizio di questo diritto, senza che sia assicurata la possibilità che tutti possano esercitarlo, non si può realizzare il sogno della democrazia.

Il “noi” del bene comune: la priorità del lavoro
Come ricorda Papa Francesco in Fratelli tutti, per una migliore politica «il grande tema è il lavoro. Ciò che è veramente popolare – perché promuove il bene del popolo – è assicurare a tutti la possibilità di far germogliare i semi che Dio ha posto in ciascuno, le sue capacità, la sua iniziativa, le sue forze» (n.162). Le politiche del lavoro da assumere a ogni livello della pubblica amministrazione devono tener presente che «non esiste peggiore povertà di quella che priva del lavoro» (ivi). Occorre aprirsi a politiche sociali concepite non solo a vantaggio dei poveri, ma progettate insieme a loro, con dei “pensatori” che permettano alla democrazia di non atrofizzarsi ma di includere davvero tutti (cfr. Fratelli tutti, 169). Investire in progettualità, in formazione e innovazione, aprendosi anche alle tecnologie che la transizione ecologica sta prospettando, significa creare condizioni di equità sociale. È necessario inoltre guardare agli scenari di cambiamento che l’intelligenza artificiale sta aprendo nel mondo del lavoro, in modo da guidare responsabilmente questa trasformazione ineludibile.

Prenderci cura del lavoro è atto di carità politica e di democrazia
“A ciascuno il suo” è questione elementare di giustizia: a chiunque lavora spetta il riconoscimento della sua altissima dignità. Senza tale riconoscimento, non c’è democrazia economica sostanziale. Per questo, è determinante assumere responsabilmente il “sogno” della partecipazione, per la crescita democratica del Paese.

  • Le istituzioni devono assicurare condizioni di lavoro dignitoso per tutti, affinché sia riconosciuta la dignità di ogni persona, si permetta alle famiglie di formarsi e di vivere serenamente, si creino le condizioni perché tutti i territori nazionali godano delle medesime possibilità di sviluppo, soprattutto le aree dove persistono elevati tassi di disoccupazione e di emigrazione. Tra le condizioni di lavoro quelle che prevengono situazioni di insicurezza si rivelano ancora le più urgenti da attenzionare, dato l’elevato numero di incidenti che non accenna a diminuire. Inoltre, quando la persona perde il suo lavoro o ha bisogno di riqualificare le sue competenze, occorre attivare tutte le risorse affinché sia scongiurato ogni rischio di esclusione sociale, soprattutto di chi appartiene ai nuclei familiari economicamente più fragili, perché non dipenda esclusivamente dai pur necessari sussidi statali.
  • Un lavoro dignitoso esige anche un giusto salario e un adeguato sistema previdenziale, che sono i concreti segnali di giustizia di tutto il sistema socioeconomico (cfr. Laborem exercens, 19). Bisogna colmare i divari economici fra le generazioni e i generi, senza dimenticare le gravi questioni del precariato e dello sfruttamento dei lavoratori immigrati. Fino a quando non saranno riconosciuti i diritti di tutti i lavoratori, non si potrà parlare di una democrazia compiuta nel nostro Paese. A questo compito di giustizia sono chiamati anche gli imprenditori, che hanno la specifica responsabilità di generare occupazione e di assicurare contratti equi e condizioni di impiego sicuro e dignitoso.
  • I lavoratori, consapevoli dei propri doveri, si sentano corresponsabili del buon andamento dell’attività produttiva e della crescita del Paese, partecipando con tutti gli strumenti propri della democrazia ad assicurare, non solo per sé ma anche per la collettività e per le future generazioni, migliori condizioni di vita. La dimensione partecipativa è garantita anche dalle associazioni dei lavoratori, dai movimenti di solidarietà degli uomini del lavoro e con gli uomini del lavoro che, perseguendo il fine della salvaguardia dei diritti di tutti, devono contribuire all’inclusione di ciascuno, a partire dai più fragili, soprattutto nelle aziende.
  • Le Chiese in Italia, impegnate nel Cammino sinodale, continuano nell’ascolto dei lavoratori e nel discernimento sulle questioni sociali più urgenti: ogni comunità è chiamata a manifestare vicinanza e attenzione verso le lavoratrici e i lavoratori il cui contributo al bene comune non è adeguatamente riconosciuto, come anche a tenere vivo il senso della partecipazione. In questa prospettiva, gli Uffici diocesani di pastorale sociale e gli operatori, quali i cappellani del lavoro, promuovano e mettano a disposizione adeguati strumenti formativi. Ciascuno deve essere segno di speranza, soprattutto nei territori che rischiano di essere abbandonati e lasciati senza prospettive di lavoro in futuro, oltre che mettersi in ascolto di quei fratelli e sorelle che chiedono inclusione nella vita democratica del nostro Paese.

La Commissione Episcopale
per i problemi sociali e il lavoro,
la giustizia e la pace

Foto CEI

8xmille: una firma che fa bene e che fa il bene

Una firma che fa bene e che fa il bene

Domenica 5 maggio nelle nostre Chiese si celebra la Giornata nazionale per l’8 per mille alla Chiesa Cattolica. Non è una Giornata come le altre, in cui si raccolgono le offerte per una particolare destinazione (le missioni, la Caritas, i migranti, la Terra Santa, il seminario), ma una Giornata per ricordare a tutti i lavoratori e i pensionati, a tutte le famiglie che con una firma da allegare al proprio Modello Redditi o al 730 possono sostenere la Chiesa, soprattutto nella sua azione di carità e condivisione, di catechesi e comunicazione e per le sue strutture e beni pastorali e culturali (chiese, case parrocchiali e centri pastorali, organi storici, biblioteche, archivi). Lo scorso anno, la Chiesa Italiana con la firma e la solidarietà di tanti, oltre 11 milioni e mezzo di persone – di cui 1 milione e mezzo dell’Emilia-Romagna -, ha potuto realizzare 15.713 progetti che hanno interessato varie realtà: condomini solidali, doposcuola, poliambulatori, case di accoglienza, dormitori, mense, restauri di beni culturali e artistici, stanziamenti per calamità naturali o emergenze umanitarie nel mondo… Le Chiese dell’Emilia-Romagna hanno potuto contare lo scorso anno, grazie alla firma dell’8 per mille, su 47 milioni e 500 mila euro, di cui 19 milioni sono andati per il sostentamento del clero (quasi 2000 sacerdoti), oltre 10 milioni alle opere di culto e pastorale, altri 10 milioni per le opere di carità, 5 milioni per l’edilizia di culto e 1 milione per i beni culturali. La Cei ha stanziato, inoltre, 1 milione di euro dall’8 per mille per gli alluvionati dell’Emilia-Romagna. Per questo possiamo dire quest’anno che “una firma fa bene”, perché sostiene tante realtà in Italia e nel mondo, soprattutto nei Paesi più poveri, oltre che contribuire a sostenere i nostri sacerdoti. Ma possiamo anche dire che “una firma fa il bene”, perchè è un gesto anonimo di carità che raggiunge tanti, dappertutto, portando benessere, diventando segno di condivisione, strumento di giustizia sociale. Purtroppo, attorno a noi, che lambiscono l’Europa, ci sono situazioni di guerra con il drammatico numero di morti, di feriti, di distruzione, di profughi, rifugiati e con la mancanza di beni essenziali che colpiscono soprattutto i piccoli, gli anziani, le persone deboli. Le immagini che abbiamo davanti agli occhi dell’Ucraina, della striscia di Gaza dove ormai i morti si contano a migliaia, ci ricordano che questa firma, attraverso le Chiese locali, Chiese sorelle, le loro Caritas può trasformarsi in cure, in accompagnamento, in tutela della vita, in conforto, in speranza. Anche una firma può cambiare la storia: la storia di tante persone più deboli, in difficoltà, vicine e lontane. Non trascuriamo di firmare, soprattutto chi è esonerato dalla dichiarazione dei redditi (modello CU) chieda anche in parrocchia il modulo per fare la propria firma: una firma che fa bene, una firma che fa il bene.

 

S.E. Mons. Gian Carlo Perego, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio

Delegato della Conferenza episcopale Emilia Romagna per il sovvenire alle necessità della Chiesa

A Parma l'incontro "Il valore della vita. Proteggere la dignità e la cura della persona sino alla fine".

Venerdì 10 maggio alle ore 21 presso l'aula dei filosofi (strada dell'università 12 - Parma) avrà luogo un incontro dal titolo "Il valore della vita. Proteggere la dignità e la cura della persona sino alla fine".

Interverranno la Consigliera regionale Valentina Castaldini e il direttore dell'Unità Cure Palliative Romagna, Marco Maltoni.

L'evento è promosso dall'associazione culturale Eliot, dalla Diocesi di Parma e dal centro culturale Luigi Tamoglia.

Parrocchia di S. Paolo, il centro di ascolto festeggia 10 anni di attività

Domenica 5 maggio grande festa nella comunità di San Paolo in Fidenza.
Il centro di ascolto della parrocchia taglia infatti i primi 10 anni di attività. Per l’occasione avrà luogo un pranzo comunitario per festeggiare insieme questo traguardo. Inoltre, con una significativa cerimonia che avrà inizio alle ore 11, il centro di ascolto sarà intitolato alla memoria di don Remo Toscani, stimato parroco venuto a mancare nel 2022.
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