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8xmille, una firma che fa bene. Intervista al direttore della Caritas Diocesana

I fondi dell’8xmille sono importanti anche per le opere di carità presenti nella nostra Diocesi. Ne abbiamo parlato con Stefano Baschieri, direttore della Caritas Diocesana di Fidenza.

 

Quale importanza ricoprono i fondi 8xmille per le opere di carità presenti nella nostra Diocesi?

I fondi 8xmille dedicati alla carità sono di vitale importanza per il mantenimento delle opere di sostegno alle persone più fragili. Garantiscono la prosecuzione dei servizi nel tempo. Senza questi fondi rischiamo di dover interrompere alcuni di questi importanti servizi.

Come vengono utilizzati i fondi dell’8xmille dalla Caritas diocesana per sostenere le attività di assistenza ai bisognosi?

Le risorse a disposizione danno modo di poter adempiere a tanti costi fissi che le strutture ed i servizi hanno: utenze, manutenzioni ordinarie, acquisto materie prime, aiuti economici alle persone. Inoltre anche il coordinamento dei volontari prevede la presenza di alcune figure, quali ad esempio degli operatori, che a loro volta comportano una spesa. E’ chiaro come la carità si alimenti grazie alla generosità delle persone attraverso donazioni e disponibilità in termini di volontariato, ma in ogni modo per avere una minima organizzazione sono necessarie risorse economiche.

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(In foto: Un volontario insieme al direttore della Caritas Diocesana Stefano Baschieri)

Quali opere di carità sono state realizzate in Diocesi grazie ai fondi dell’8xmille?

Numerose sono le opere realizzate nel corso degli anni, tanti i servizi attivati: inizialmente è stato dato avvio al centro di ascolto, poi sono stati realizzati diversi progetti per l’accoglienza delle persone; in seguito è stata aperta la mensa, sono stati aperti alloggi per ospitare piccoli nuclei familiari. Grazie ad altre risorse è poi stato possibile riqualificare diversi locali e ambienti delle strutture: finanziate dall’8xmille per la carità, ma anche attraverso altri finanziamenti.

Quali sono le sfide principali nel gestire e impiegare i fondi dell’8xmille in modo efficace e responsabile?

Come Caritas ci impegniamo quotidianamente per non sprecare nulla di ciò che viene messo a disposizione. Tutte le materie prime che vengono acquistate (laddove non si possono ricevere in donazione) hanno un rigido protocollo volto a trovare i prezzi più bassi, preferendo fornitori locali che spesso offrono scontistiche in quanto condividono la mission del fare il bene per la propria comunità. Nella gestione degli immobili le persone vengono coinvolte ed educate per mantenere nelle migliori condizioni possibili gli ambienti e contenere le spese per le utenze. Al contempo ogni persona coinvolta nei progetti è chiamata a “restituire” quanto ricevuto mettendosi a disposizione degli altri ed offrendo un po’ del proprio tempo.

Quali sono i progetti in cantiere che potrebbero beneficiare dei fondi dell’8xmille?

E’ stato appena realizzato, e vedrà la sua seconda edizione, un progetto di tipo educativo a favore delle scuole e delle parrocchie: si tratta di un concorso che ha come titolo “Ospiti di questa terra”. Tantissimi bambini e ragazzi hanno potuto riflettere insieme ai loro insegnanti sull’attenzione e la cura del creato. A breve verranno implementate alcune strumentazioni all’interno della sede di “Casa Caritas” che permetteranno di mettere in maggiore sicurezza e rendere accessibili a tutti i locali dedicati all’accoglienza. Verrà potenziato il sistema di distribuzione degli alimenti attivo presso il centro di raccolta e distribuzione di via Papini n.2, con l’acquisto di generi alimentari a favore delle famiglie. Diversi anche i tirocini formativi attivi e che verranno attivati, grazie al quale diverse persone potranno rientrare nel mondo del lavoro.

Come può la nostra comunità contribuire ulteriormente per sostenere le attività della Caritas?

Oggi i luoghi maggiormente bisognosi sono il centro di ascolto e la mensa. Perciò se dovessi dire alle persone della comunità di cosa abbiamo bisogno, direi certamente dei volontari. In seconda battuta è necessario che ciascuno rivolga il proprio pensiero a coloro che, vicini a ad ognuno di noi, hanno bisogno di aiuto: questo può essere il sostegno più bello ed importante! Diffuso, silenzioso e costante nel tempo. Infine certamente aggiungerei una cosa molto semplice che possono fare tutti... firmare per l’8xmille alla Chiesa cattolica!

Martina Pacini

Firma anche tu per l'8xmille alla Chiesa cattolica: è una firma che fa bene!

Sigillo WO 577x576

Come firmare?: https://www.8xmille.it/come-firmare/

Leggi le testimonianze di chi firma: https://www.8xmille.it/firmo-perche/

Tutte le informazioni su: https://www.8xmille.it/

 

Solennità del Corpus Domini

Giovedì 30 maggio alle ore 20 presso la parrocchia di San Pietro Apostolo in Fidenza avrà luogo la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Ovidio Vezzoli in occasione della solennità del Corpus Domini.

Al termine avrà inizio la processione che percorrerà via Frate Gherardo e piazza Duomo per concludersi in Cattedrale. Qui si terrà l’adorazione eucaristica accompagnata da canti e preghiere.

Giornata Mondiale dei Bambini in Diocesi

La prima Giornata mondiale dei bambini (25-26 maggio) verrà vissuta a due livelli: uno romano, l’altro diocesano.
Riguardo al primo, la nostra Diocesi sarà rappresentata a Roma da quattro famiglie, appartenenti ai quattro Vicariati.
Per il secondo invece, l’appuntamento è per sabato 25 maggio alle ore 15.30 presso l'oratorio della parrocchia di San Michele. Il programma prevede trac le altre cose la recita di alcune preghiere per tutti i bambini nel mondo.
Alle parrocchie, alle comunità religiose, alle scuole e alle aggregazioni laicali dei singoli Vicariati è affidato il compito di preparare un canto in lingua. Per il Vicariato di Fidenza un canto africano; per il Vicariato di Salsomaggiore Terme un canto in italiano; per il Vicariato della Bassa Piacentina un canto in inglese; per il Vicariato della Bassa Parmense un canto in spagnolo.
Al termine della s. Messa presieduta dal Vescovo Ovidio vi sarà un piccolo momento conviviale.

8xmille, una firma che fa bene al nostro territorio: il progetto della Diocesi “Casa Caritas”

“Casa Caritas” è un progetto che nasce da lontano e ha visto nel corso degli anni numerose e importanti opere di riqualificazione dell’immobile divenuto oggi sede di tanti servizi a favore delle persone più bisognose del territorio. Con lungimiranza, già nel 2019 il Vescovo di Fidenza mons. Ovidio Vezzoli, espresse il desiderio che il palazzo del “Cenacolo” fosse gestito dalla Fondazione “Mons. Giberti Onlus (Caritas)” di Fidenza con la specifica finalità di farne un centro di attività a sostegno delle persone bisognose. La Fondazione, tenendo fede a quella richiesta, nel corso degli ultimi anni ha riqualificato diverse aree dell’immobile a partire da quella più urgente: la mensa Caritas. In seguito sono stati rimessi a nuovo altri locali, tra cui la sala dedicata all’insegnamento della lingua italiana agli stranieri.

Nell’ultimo anno tutti gli sforzi si sono concentrati sul restauro dell’area abitativa, dedicata all’accoglienza di 12/14 persone in difficoltà: i lavori, durati qualche mese, sono terminati con l’inizio del 2024 e l’inaugurazione dei locali è avvenuta il 23 marzo scorso con la benedizione del Vescovo alla presenza delle autorità, dei volontari e dei benefattori.

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Ed è anche grazie al prezioso contributo dell’8xmille della Chiesa Cattolica che è stato possibile fare in modo che ciascuno possa sentirsi “a casa”.

Uno degli ospiti, Francesco, ha collaborato alla realizzazione delle opere di riqualificazione dando il proprio contributo nel tinteggio di alcune stanze: “E’ stata un’occasione per poter offrire il mio contributo, per dire grazie! Non scorderò mai quello che ha fatto la Caritas per me: mi ha teso una mano quando stavo per sprofondare, quando anche i miei familiari mi avevano ormai abbandonato”.
Diverse sono le storie incontrate in questi anni, simili a quella di Francesco: persone che hanno bisogno di trovare la motivazione per potersi rimettere in piedi e costruire qualcosa di buono.

“Casa Caritas” non è dunque solo un “luogo”, uno spazio dove trovare riparo, ma è incontro tra persone, culla di relazioni che fa nascere occasioni di scambio, dove ciascuno può essere valorizzato per ciò che è: solo così ognuno può ritrovare fiducia, amicizia, e forza necessarie per rimettere in moto vite spezzate.


Mario, che viveva solo, è stato accolto per tre settimane: ha ritrovato intorno a sè persone che lo hanno curato ed accompagnato a risolvere alcune delicate situazioni che poi gli hanno permesso di poter vivere in una casa popolare.
Mohamed, che ha vissuto per sei mesi in Caritas, sottolinea: “Di quel periodo ricordo la fatica nel trovare lavoro, soprattutto perchè non avevo un luogo fisso dove tornare: ogni giorno dovevo preoccuparmi di dove avrei dormito la notte seguente. Da quando invece mi è stato offerto un posto dove poter tornare la sera e vivere la mia quotidianità ho ritrovato la serenità e nel giro di poco tempo ho trovato un impiego e dopo qualche mese anche l’autonomia abitativa”.
Anche per i volontari si tratta di uno spazio di crescita personale e di arricchimento: i beneficiari non sono solo le persone che vengono accolte, ma tutti coloro che hanno la possibilità di abitare in questi luoghi. Antonella ricorda: “Con Fabrizio, quando era ospite qui, abbiamo costruito un bel rapporto; lo incontro spesso per le strade della città, siamo diventati amici e ogni volta ci fermiamo e scambiamo qualche parola per aggiornarci sulle nostre vite”.

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Non sempre però si riesce ad arrivare ad “un lieto fine”: ciò è innegabile ed è corretto farlo presente. A volte non si verifica quell’alchimia necessaria affinchè si possa riuscire ad accompagnare le persone ad una condizione migliore di quella in cui si trovavano: i limiti di risorse e di volontà, talvolta alcune lacune non permettono di raggiungere l’obiettivo.

Quello di cui siamo certi è che occorre continuare a credere nelle persone, dare a tutti una possibilità di riscatto, affinchè ciascuno abbia l’opportunità di rimettersi in gioco, indipendentemente dal suo passato. Casa Caritas vuole allora essere un’occasione offerta a tutti, perchè l’incontro con le persone ci faccia crescere sul terreno dell’accoglienza perchè l’aiuto sia tangibile.

Martina Pacini

 

 

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Come firmare? Visita il sito https://www.8xmille.it/come-firmare/

Veglia di Pentecoste

Sabato 18 maggio alle ore 20.30 in Cattedrale a Fidenza il vescovo Ovidio presiederà la solenne veglia di Pentecoste durante la quale sarà consegnato il Mandato agli educatori e agli animatori di grest e attività estive.
Pertanto sono invitati a partecipare alla celebrazione i cresimandi, i cresimati, i ragazzi del dopo-Cresima, gli adolescenti, i ragazzi, i giovani adulti. 

Verso il Giubileo 2025: pellegrini di speranza

Il 2025 è l’anno del grande Giubileo. Sarà un Giubileo romano dal titolo “Pellegrini di speranza” e tutte le Diocesi italiane si stanno attrezzando per la preparazione dell’evento che richiamerà nella capitale 35 milioni di persone.
Il Vicario per la Pastorale, don Marek Jaszczak, ha riferito che è stato richiesto a tutte le Diocesi di individuare una Commissione ad hoc che si occupi della preparazione del Giubileo. Il Vescovo Ovidio desidera che questa Commissione coincida con il gruppo dei Direttori degli Uffici Pastorali.
C’è un inno del Giubileo, composto per l’occasione da Pierangelo Sequeri: le comunità sono invitate ad impararlo e a cantarlo. Poi vi è la preghiera: e il 2024, anno di preparazione al Giubileo, sarà dedicato proprio alla preghiera. E’ inoltre già stato definito un calendario generale con 35 grandi eventi a cui sarà presente anche il Papa. L’apertura della Porta Santa avverrà il 24 dicembre 2024.
Il Papa ha indicato una forma di preparazione al Giubileo: attraverso una riflessione sulle quattro costituzioni conciliari (Sacrosanctum Concilium, Dei Verbum, Lumen Gentium, Gaudium et Spes). A tal fine è stato pubblicato un cofanetto con brevi testi che illustrano in modo accessibile a tutti le quattro costituzioni conciliari.
Sono state anche fissate, dal 20 al 24 ottobre 2025, le date del Pellegrinaggio Diocesano guidato dal Vescovo Ovidio (20 ottobre: partenza e Messa ad Orvieto; 21 ottobre: passaggio della Porta Santa e visita del Vaticano e della città di Roma; 22 ottobre: udienza papale e quindi visita alle tre Basiliche Maggiori con la Messa in San Giovanni in Laterano; 23 ottobre: visita alle catacombe di san Callisto e Messa nella chiesa delle Tre Fontane. Al termine partenza per Assisi: il 24 ottobre Messa ad Assisi con visita alla città, pranzo e poi ritorno a Fidenza.
(Foto: Siciliani-Gennari/SIR)

"La croce gloriosa": il messaggio del vescovo Ovidio per la Pasqua

Pasqua 2024

(Messaggio)

 La croce gloriosa

 

Il quarto evangelo narra della morte di Gesù in croce con un linguaggio che ne sottolinea la signoria e l’esaltazione gloriosa. Per Giovanni il crocifisso non è uno sconfitto; con la sua morte Gesù ha vinto il mondo e lo ha fatto con un atto di totale libertà e obbedienza alla volontà unica del Padre. Con la sua morte di croce Gesù rivela ai suoi un amore “sino alla fine” che non conosce condizioni o limitazioni di sorta. Anche dalla croce Gesù manifesta senza equivoci un amore operoso. Sulla croce Gesù è il Signore che effonde lo Spirito, che costituisce l’inizio della sua Chiesa, che raduna attorno a sé i figli di Dio dispersi e li ricompone in quella unità invocata davanti al Padre (cfr. Gv 17,21). Dalla croce, Gesù effonde la vita per l’umanità tutta attraverso un atto libero di dono che è la sua morte.

Giovanni non intende riferirci solo la descrizione della fine miserevole e drammatica di Gesù, ma interpreta in profondità il senso della sua morte alla luce della Scrittura e della testimonianza fatta di gesti, di parole e di silenzi, che hanno caratterizzato la vita del rabbi di Nazareth in mezzo all’umanità. I gesti e le parole di Gesù incontrano quelli del Padre, fino a delineare i tratti di un’obbedienza perfetta alla sua volontà. La fecondità della sua esistenza consegnata nell’atto supremo della morte in croce si manifesta come sorgente di vita per tutti. È qui che la sua autodonazione raggiunge il vertice, compiendo così il progetto del Padre: la salvezza del mondo (cfr. Gv 3,16).

La scena della morte di Gesù sulla croce narrata dal quarto evangelo è racchiusa in una affermazione decisiva: «È compiuto» (Gv 19,30). Questa è l’ora nella quale Gesù compie le Scritture (cfr. Sal 22,16; 69,22), realizza la missione affidatagli dal Padre in un atteggiamento di umile e lucida obbedienza. Il compimento delle Scritture diviene, allo stesso tempo, pienezza rivelativa dell’opera salvifica del Figlio, che contempla anche la creazione di una nuova comunità di donne discepole presenti presso la croce (cfr. Gv 19,23-27). Egli muore manifestando, senza gridare dolorosamente come ricordano i sinottici, il trionfo dell’ora della gloria in cui il mondo è sottoposto al giudizio della verità. Gesù non è succube degli avvenimenti (cfr. Gv 6,61; 13,1.3; 18,4); al contrario, è lui ad imporre il movimento da vero Signore, proprio come colui che sta al centro dell’evento. Morendo, Gesù vince il mondo con un atto di libertà, che è il dono della sua vita. In questo atto della propria morte Gesù avanza una richiesta: «Ho sete». Come aveva domandato alla donna di Samaria (cfr. Gv 4,7: «Dammi da bere»), così ora, egli chiede l’accoglienza di un amore che l’odio non è riuscito a soffocare. Dopo aver preso l’aceto imbevuto in una spugna e accostatogli alla bocca mediante una verga d’issopo, Gesù esclama: «Compiuto», dichiarando così manifestata la gloria dell’Uomo in tutto uguale a Dio, che all’odio risponde con un atto di amore e il dono di sé. Con la morte di Gesù in croce il credente è posto di fronte all’opera creatrice che giunge al suo compimento inaugurando una nuova umanità. A suggello di quest’opera l’evangelista attrae l’attenzione del lettore sul capo reclinato di Gesù e sulla consegna dello Spirito. Si tratta di un ulteriore gesto che conferma tutta la parola e l’esistenza di Gesù di Nazareth; la sua è stata una vita all’insegna dell’obbedienza libera alla volontà del Padre fino alla morte di croce; è vera eloquenza di un amore senza condizioni e senza confini. L’atto stesso della morte di Gesù, sottolineato dal capo reclinato, è in funzione del dono dello Spirito effuso sulla Chiesa nascente. Infatti, la morte di Gesù non è senza scopo; non è il risultato di un progetto umano violento del quale Gesù diventa succube, nulla potendo contro la cattiveria degli uomini; al contrario, egli muore salvando ogni uomo impossibilitato a trovare salvezza da sé. L’umanità di Gesù, dono di una esistenza fino alla morte, è trasformata in sorgente di vita che effonde lo Spirito, mediante il quale a chiunque cerca la verità è dato di giungere alla pienezza della comunione con Dio.

Questo è un modo altro, per Giovanni, di affermare il mistero della risurrezione di Gesù il crocifisso, vera Pasqua dell’umanità. È lui il Signore con i segni della sua passione che emette il giudizio definitivo sul mondo riportato alla verità di Dio mediante il trionfo della sua misericordia. Colui che è stato trafitto ora diventa l’unica direzione verso la quale lo sguardo di tutti si volge, perché lo riconoscano come il Signore unico. Colui che era inaccessibile nella sua eternità ora diventa colui che Innalzato e Trafitto tutti guardano e dal quale tutti invocano misericordia e vita definitiva.

Questa parola promessa getta una luce nuova sulla morte umana del discepolo trasfigurata dalla morte di Gesù; in lui il discepolo partecipa di quella nuova nascita che lo inserisce nel mondo dell’eterna comunione con il Padre. Andando oltre il dramma del Golgota, il discepolo è chiamato a riflettere sul significato di quella morte di croce, ma anche della sua morte, affinché sia rivelazione di un amore che dona. Carlo Maria Martini, in una meditazione sulla passione del Signore annotava: «Dio amore, bontà, misericordia, si rivela proprio nel linguaggio della croce. La vera onnipotenza è quella capace di annullarsi per amore, di accettare la morte per amore (…). Se non arriviamo qui, a questa contemplazione del Signore che si lascia crocifiggere, la nostra conoscenza di Dio rimarrà sempre una conoscenza “per sentito dire”» (C.M. Martini, Non temiamo la storia, Centro Ambrosiano Documentazione-Piemme, Milano-Casale Monferrato 1992, pp. 83-85).

+Ovidio Vezzoli

vescovo

Il vescovo Ovidio racconta la Visita ad Limina Apostolorum

Diario di un cammino ecclesiale

(La Visita ad limina Apostolorum dei Vescovi dell’Emilia-Romagna)

 

Al termine dell’esperienza ecclesiale che ha visto la partecipazione dei quattordici Vescovi dell’Emilia-Romagna alla Visita ad limina Apostolorum (Roma, 26 febbraio - 2 marzo 2024) intendo condividere con la comunità cristiana fidentina la particolarità di questo evento ecclesiale a partire da tre prospettive peculiari che hanno tracciato il percorso: le celebrazioni liturgiche, gli incontri con Papa Francesco e i Dicasteri romani, la vita fraterna episcopale.

Secondo le norme del Diritto Canonico ogni Vescovo di una diocesi è tenuto a compiere quella che viene definita nella lingua latina: Visita ad limina Apostolorum. Si tratta, in realtà, di narrare e di condividere con il Vescovo di Roma il cammino di fede e pastorale di quella porzione di Chiesa che è stata affidata alla cura pastorale di un vescovo diocesano. Questa visita normalmente avviene ogni cinque anni; l’ultima effettuata dai vescovi dell’Emilia-Romagna risale ormai a dieci anni orsono (2013). Ogni vescovo diocesano è tenuto a consegnare un mese prima della Visita ad limina una dettagliata, documentata e analitica relazione alla Nunziatura Apostolica in Italia, finalizzata ad illustrare un quadro complessivo del cammino di fede ecclesiale e pastorale di ogni diocesi. La diocesi di Fidenza ha elaborato un dossier di ben 180 pagine grazie al contributo redatto a cura dei Direttori degli Uffici pastorali e dei Vicari episcopali responsabili dei vari settori.

Un primo aspetto peculiare che ha caratterizzato la Visita ad limina Apostolorum è quello relativo alle celebrazioni liturgiche. Infatti, questa esperienza ha contemplato la celebrazione eucaristica dei Vescovi nelle quattro Basiliche fondamentali di Roma: S. Pietro in Vaticano, S. Giovanni in Laterano (antica basilica di S. Salvatore), S. Maria Maggiore, S. Paolo fuori le Mura. Non è stato casuale, pertanto, avviare il cammino partendo dall’Eucaristia celebrata presso il sepolcro dell’apostolo Pietro situato nelle grotte vaticane (26 febbraio). È stato un atto mediante il quale i vescovi hanno confermato il loro impegno di annunciatori dell’Evangelo e di custodi della autentica tradizione della Chiesa fondata sulla confessione di fede del primo degli apostoli; a lui, infatti, Gesù ha affidato il compito di edificare la sua Chiesa (cfr. Mt 16,18-19) e di pascere il suo gregge (cfr. Gv 21,15-19). Nella medesima prospettiva si sono svolte le altre celebrazioni eucaristiche nella chiesa di S. Bartolomeo apostolo all’Isola Tiberina (27 febbraio) dedicata alla memoria dei martiri del XX-XXI secolo, testimoni della fede evangelica in un tempo segnato da violenze, conflitti e persecuzioni contro i discepoli del Signore. La celebrazione in S. Giovanni in Laterano (28 febbraio) ha avuto la sua significazione particolare in quanto questa basilica papale custodisce la prima cattedra del Vescovo di Roma, quale segno di unità della Chiesa cattolica e segno di ortodossia in obbedienza all’unico evangelo di Gesù Cristo. In questa basilica, anticamente dedicata al Santo Salvatore e custode del primo battistero della chiesa di Roma, i vescovi hanno confermato la loro fede in Gesù il Signore e sottolineato l’atteggiamento di obbedienza al Papa che presiede le comunità cristiane della Chiesa universale nella carità. È seguita l’eucaristia celebrata a S. Maria Maggiore (29 febbraio). Si tratta della prima testimonianza in Roma del culto attribuito a Maria, la madre del Signore, dopo il Concilio di Efeso del 431. I Vescovi hanno affidato a Maria, madre della Chiesa, le loro comunità diocesane e il loro ministero pastorale. Infine, nella basilica di S. Paolo fuori le Mura (1° marzo) i vescovi hanno celebrato l’eucaristia sul luogo della memoria testimoniale dell’apostolo Paolo, annunciatore dell’evangelo tra le genti. Qui i Vescovi hanno confermato il loro impegno assiduo per l’evangelizzazione, che costituisce il contenuto unico e la modalità precipua della missione pastorale della Chiesa nel mondo. È stato ribadito a più riprese il fatto che il compito dell’annuncio dell’Evangelo oggi deve essere fondato sulla predicazione e sull’ascolto della Parola, sull’esperienza sacramentale, in particolare dell’Eucaristia e sull’opera della carità che nella Parola e nel mistero eucaristico trova la sua sorgente e l’alimento di ogni azione missionaria della Chiesa.

Il secondo tratto che ha caratterizzato la Visita ad limina Apostolorum è da individuare nella molteplicità e nella ricchezza degli incontri. Anzitutto, l’udienza che Papa Francesco ha riservato ai vescovi dell’Emilia-Romagna in forma privata il 29 febbraio per ben due ore e mezza di colloquio, senza interruzione alcuna. Invitati da Papa Francesco ad assumere lo stile fraterno nella conversazione secondo verità e parrēsìa, l’incontro con i vescovi si è svolto nella forma più autentica di sinodalità, senza ipocrisia o subdole riverenze; ogni vescovo ha avuto la possibilità di esporre a Papa Francesco domande, fatiche e speranze a partire dalla propria esperienza ecclesiale e pastorale, con atteggiamento di devozione filiale e di umile ascolto di quanto Papa Francesco ha avuto la premura di consegnare e condividere con ciascun vescovo, senza disattendere nessuna questione esposta. Il filo conduttore che ha animato il dialogo è stato quello dell’evangelizzazione nella linea tracciata prima da Papa Paolo VI (Evangelii nuntiandi) e poi da Papa Francesco stesso nella Esortazione apostolica Evangelii gaudium, quale impegno e missione inderogabili per la Chiesa nel mondo contemporaneo. Non sono mancate parole di incoraggiamento, di ammonimento e di consolazione con le quali il Vescovo di Roma ha espresso la sua preoccupazione per il forte cambiamento d’epoca in atto nell’umanità, ma senza disperare perché Gesù ha promesso di essere presente accanto ai suoi in ogni tempo, sino alla fine del mondo (cfr. Mt 28,20). Altri incontri hanno scandito la settimana della Visita ad limina Apostolorum, in particolare quelli con i vari Dicasteri romani che lavorano a servizio della Chiesa universale: Comunicazione sociale; Vescovi; Dottrina della Fede; l’incontro con il card. Pietro Parolin Segretario di Stato; Cause dei Santi; Cultura ed Educazione; Servizio per lo Sviluppo umano integrale; Laici-Famiglia-Vita; Istituti di vita consacrata e Società di Vita apostolica; Dicastero per l’Evangelizzazione; Clero; Culto Divino e disciplina dei Sacramenti; Tutela dei minori, persone vulnerabili e vittime di abusi; Segreteria generale per il Sinodo. Per ogni incontro era previsto una relazione introduttiva di un vescovo incaricato del settore coinvolto, il dialogo, la condivisione con il Prefetto del dicastero competente e l’indicazione di alcuni orientamenti pastorali. Ogni incontro si è rivelato molto intenso sia per la ricchezza della condivisione e dei contenuti, sia per la possibilità di delineare uno sguardo di sintesi sulla Chiesa universale.

L’ultima dimensione, non certo minore per importanza, che ha caratterizzato la Visita ad limina Apostolorum si è precisata nell’esperienza di fraternità e di comunione che si è potuta verificare tra i vescovi dell’Emilia-Romagna. La condivisione dei tempi di preghiera, di confronto, di studio, di riflessione e, nondimeno, della mensa ha permesso di respirare un’autentica fraternità episcopale senza formalismi né ipocrisie. Il tempo vissuto insieme è stato un tempo di grazia; ha offerto la possibilità di una conoscenza gli uni degli altri sincera, anche nella condivisione umana e spirituale delle stesse fatiche, delle medesime perplessità, a volte anche delle stanchezze, ma senza che si affievolissero il desiderio e la responsabilità di camminare nella fedeltà all’Evangelo, nella prossimità alle comunità cristiane che ci sono state affidate e nella missione di edificare l’unico corpo vivente di Cristo che è la sua Chiesa.

+ Ovidio Vezzoli

vescovo di Fidenza

Foto: Vatican Media

Fine vita: la dichiarazione dei Vescovi dell'Emilia Romagna

La Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna si è riunita in Assemblea il 29 febbraio a Roma, dove si trovava per la Visita ad Limina, e durante i lavori presieduti da Mons. Giacomo Morandi, Presidente Ceer e Vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, ha predisposto una dichiarazione circa il fine vita, di cui si riporta il testo.

Nascere, vivere, morire: tre verbi che disegnano la traiettoria dell’esistenza. La persona li attraversa, forte della sua dignità che l’accompagna per tutta la vita: quando nasce, cresce, come quando invecchia e si ammala. Sperimenta forza e vulnerabilità, intimità e vita sociale, libertà e condizionamenti.

Gli sviluppi della medicina e del benessere consentono oggi cure nuove e un significativo prolungamento dell’esistenza. Si profila così la necessità di modalità di accompagnamento e di assistenza permanente verso le persone anziane e ammalate, anche quando non c’è più la possibilità di guarigione, continuando e incrementando l’ampio orizzonte delle “cure”, cioè di forme di prossimità relazionale e mediche.

Alla base di questa esigenza ci sono il valore della vita umana, condizione per usufruire di ogni altro valore, che costruisce la storia e si apre al mistero che la abita, e la dignità della persona, in intrinseca relazione con gli altri e con il mondo che la circonda. Il valore della vita umana si impone da sé in ogni sua fase, specialmente nella fragilità della vecchiaia e della malattia. Proprio lì la società è chiamata ad esprimersi al meglio, nel curare, nel sostenere le famiglie e chi è prossimo ai malati, nell’operare scelte di politiche sanitarie che salvaguardino le persone fragili e indifese, e attuando quanto già è normato circa le cure palliative. Impegno, questo, che qualifica come giusta e democratica la società.

Procurare la morte, in forma diretta o tramite il suicidio medicalmente assistito, contrasta radicalmente con il valore della persona, con le finalità dello Stato e con la stessa professione medica.

La proposta della Regione Emilia-Romagna di legittimare con un decreto amministrativo il suicidio medicalmente assistito, con una tempistica precisa per la sua realizzazione, presumendo di attuare la sentenza della Corte Costituzionale 242/2019, sconcerta quanti riconoscono l’assoluto valore della persona umana e della comunità civile volta a promuoverla e tutelarla.

Anche noi, Vescovi dell’Emilia-Romagna, pellegrini a Roma alle tombe degli Apostoli, vogliamo offrire un nostro contributo, sulla base della condivisa dignità della persona e del valore della vita umana, rivolgendoci non solo ai credenti ma a tutte le donne e gli uomini.

Esprimiamo con chiarezza la nostra preoccupazione e il nostro netto rifiuto verso questa scelta di eutanasia, ben consapevoli delle dolorose condizioni delle persone ammalate e sofferenti e di quanti sono loro legati da sincero affetto. Ma la soluzione non è l’eutanasia, quanto la premurosa vicinanza, la continuazione delle cure ordinarie e proporzionate, la palliazione, e ogni altra cosa che non procuri abbandono, senso di inutilità o di peso a quanti soffrono.

Tale prossimità e le ragioni che la generano hanno radici nell’umanità condivisa, nel valore unico della vita, nella dignità della persona, e trovano sorgente, luce e forza ulteriore in Gesù di Nazareth che, proprio sulla Croce, nella fase terminale della esistenza, ci ha redenti e ci ha donato sua madre, scambiando con Lei, con il discepolo amato e con chi condivideva la pena, parole e un testamento di vita unico, irrinunciabile, non dissimili a quelle confidenze che tanti cari ci hanno lasciato sul letto di morte.

Il suo dolore, crudelmente inferto, accoglie ed assume ogni sofferenza umana, innestandola nel mistero di Pasqua, mistero di Morte e di Risurrezione.

Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna

 

Foto: pexels

I Vescovi dell'Emilia Romagna in udienza con Papa Francesco

I quattordici vescovi dell’Emilia-Romagna, guidati dal presidente della Conferenza episcopale regionale (Ceer), monsignor Giacomo Morandi, si trovano a Roma dove si tratterranno fino al 2 marzo, per la visita ad limina apostolorum, cioè alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo.

Mercoledì 28 febbraio i presuli, con la partecipazione del laicato e del clero proveniente da alcune Diocesi della Regione, sono stati all’Udienza generale di papa Francesco in Aula Paolo VI. Al pomeriggio hanno concelebrato la Messa nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Presenti anche i nostri seminaristi, Vincenzo e Fabrizio.

“Ancora sono un po’ raffreddato, per questo ho chiesto a monsignor Campanelli di leggere la catechesi”. Con queste parole il Papa ha cominciato l’appuntamento, dove è arrivato in carrozzina, invece che camminando con l’ausilio di un bastone, come avviene di solito nell’appuntamento del mercoledì. È la seconda volta che Papa Francesco appare in pubblico, dopo la lieve sindrome influenzale che l’ha colpito nei giorni scorsi e per la quale, a partire da sabato scorso, erano stati annullati in via precauzionale gli impegni in agenda, fatta eccezione per l’Angelus di domenica in piazza San Pietro.

E giovedì 29 febbraio I Vescovi Ceer hanno partecipato all’udienza riservata con il Papa svoltasi nel Palazzo Apostolico dalle ore 9 alle ore 11.30.

 

Foto di Vatican Media.

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