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Martina Pacini

V edizione del premio "Don Amos Aimi"

Inserito nel ricco calendario della "Festa Internazionale della Storia 2022", il premio "Don Amos Aimi" è giunto alla quinta edizione. La premiazione si terrà il 15 ottobre.
 
 
Premio Don Amos Aimi - V edizione
Il Comune di Fidenza bandisce la quinta edizione del premio "Don Amos Aimi" dedicato alla sua memoria.


Le ricerche storiche, che custodiscono la memoria, aiutano a cogliere il significato profondo del divenire dei territori in generale, dei luoghi culturali e dell’immaginario collettivo. I tratti identitari, infatti, che ruotano intorno al patrimonio culturale artistico e ambientale delle comunità, necessitano di continue ricerche che in modo sistemico ne indaghino le costanti perchè raccontando il passato, si parli di futuro.
 
La ricerca storica contribuisce ad individuare la forma urbis senza la quale le scelte sarebbero improntate da una estemporanea immediatezza che trova soluzioni altrettanto semplicistiche e certamente non lungimiranti.
Il premio vuole incentivare quelle ricerche, tradotte in saggi, romanzi o compendi che mappano le vicende della nostra città e che sistematizzano entusiasmo competenze ed energie perchè i più ne abbiano accesso e partecipino in modo consapevole alla vita della nostra comunità.
 
Passione, impegno e competenze che trovano una sintesi nell’opera di studioso di don Amos Aimi. La rilettura delle sue opere, la riflessione sulle sue proposte interpretative e sulle problematiche ancora aperte relative alla storia di Fidenza, misurano il peso del suo intenso lavoro sulla storiografia locale e non solo.
 
Motivo ispiratore delle sue ricerche la concezione del lavoro dello storico come assiduo e intenso dialogo metodologico e critico sia sui singoli temi e problemi volta per volta affrontati, sia di orizzonte generale e di dibattito, così che le scritture storiche abbiano il seguente obbiettivo: siano documenti significativi che aiutino ad individuare i campi d’indagine, raffinando e innovando i metodi della ricerca, sviluppando e moltiplicando i temi della conoscenza storica.
 
Il Premio
 
Il Premio considera e premia, a libera scelta di una selezionata e prestigiosa giuria, opere dell’ultimo decennio di autori italiani e stranieri (in questo caso tradotte e pubblicate in Italia) che trattino temi storici e mostrino due caratteristiche fondamentali, il rigore scientifico e la qualità della scrittura. La cerimonia ufficiale di premiazione si terrà il 15 ottobre 2022, alle ore 11 presso il Ridotto del Teatro G. Magnani.

Il Premio è in memoria di Don Amos Aimi, archivista della curia vescovile, bibliotecario del seminario vescovile, canonico penitenziere della Cattedrale, parroco di Bastelli, amministratore parrocchiale di Chiusa Ferranda, studioso appassionato e instancabile della storia di Fidenza come testimoniano i saggi da lui scritti e curati.
Il Comune di Fidenza bandisce un concorso per l’assegnazione di un premio per opere relative alla storia di Fidenza e dei territori vicini, nel loro divenire nei secoli, pubblicate nell’ultimo decennio.
Gli autori potranno essere italiani e stranieri (in questo caso le opere dovranno essere tradotte e pubblicate in Italia). Non esistono limiti di età per gli autori.
Il premio consisterà nella valorizzazione dell’opera individuata secondo le seguenti modalità:
• evento di premiazione pubblica presso una sede dell’Amministrazione  Comunale;
• acquisto di numero 30 copie dell’opera finalizzata ad un processo di divulgazione;
• inserimento nell’evento “Festa della Storia 2022” dedicato alla dimensione storico-letteraria;
I concorrenti dovranno presentare entro e non oltre il 10 ottobre 2022 alle ore 13:00 all’ufficio protocollo del Comune di Fidenza, piazza Garibaldi n. 1 – 43036 Fidenza (tel. 0524 517270) un plico, debitamente sigillato e controfirmato sui lembi di chiusura, con l’indicazione del mittente, indirizzato al Comune di Fidenza c/o Ufficio Cultura, con la seguente dicitura “Premio don Amos Aimi”.
Nel plico dovrà essere inserita la domanda di partecipazione secondo l’allegato modello, il curriculum del candidato, copia del documento di identità e una copia cartacea dell’opera presentata. Gli autori potranno concorrere con saggi, compendi e romanzi, relativi alla storia di Fidenza nel suo divenire nei secoli, già oggetto di pubblicazione negli ultimi 10 anni.
Le opere dovranno essere state pubblicate in formato cartaceo.
Le opere presentate saranno valutate da una Commissione giudicatrice composta da tre componenti, appartenenti ai seguenti ambiti: ambito giornalistico, ambito critico-letterario, ambito storico. 
Le decisioni della Commissione sono inappellabili.
Documenti
 

Cammino sinodale: online la Sintesi nazionale della fase diocesana

 
Sinodo 2021-2023
“Per una Chiesa sinodale: Comunione, partecipazione e missione”
Online la Sintesi nazionale della fase diocesana
È online sui siti https://camminosinodale.chiesacattolica.it e https://www.chiesacattolica.it la Sintesi nazionale della fase diocesana del Sinodo 2021-2023 “Per una Chiesa sinodale: Comunione, partecipazione e missione” che la Presidenza della CEI ha consegnato il 15 agosto alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi.
 
Il Sinodo è inteso come un processo sinodale e culminerà nel 2023 con la fase universale, preceduta da quella continentale.
 
Il documento dà sinteticamente conto del percorso compiuto nell’anno pastorale 2021-2022, dedicato all’ascolto e alla consultazione capillare del Popolo di Dio. Questo primo “step” è stato armonizzato, per volere dei Vescovi, con il Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia, che sta interessando sempre di più i diversi territori con proposte e progetti. La Sintesi, dunque, offre anche una panoramica del primo anno di Cammino sinodale, che fino al 2025 sarà strutturato in tre momenti: fase narrativa (2021-2022 e 2022-2023); fase sapienziale (2023-2024); fase profetica (2025).
 
“Il coinvolgimento – viene riportato nella Sintesi – è stato ampio ed eterogeneo: dalle Chiese locali nelle loro articolazioni (diocesi, parrocchie, zone pastorali o foranie...) e in tutte le loro componenti, con lo sforzo di raggiungere anche i mondi della politica, delle professioni, della scuola e dell’università, fino ai luoghi della sofferenza e della cura, alle situazioni di solitudine e di emarginazione”. Nonostante “incertezze e perplessità”, soprattutto nella fase iniziale, le Chiese in Italia hanno cercato di superare individualismi, scetticismi e steccati, e si sono messe in cammino: è stato costituito un Gruppo di coordinamento nazionale, si sono formati circa 50.000 gruppi sinodali, con i loro facilitatori, per una partecipazione complessiva di mezzo milione di persone. Più di 400 referenti diocesani hanno coordinato il lavoro, insieme alle loro équipe. Sono 200 le sintesi diocesane e 19 quelle elaborate da altri gruppi – per un totale di più di 1.500 pagine – pervenute alla Segreteria Generale della CEI a fine giugno. I diversi contributi giunti non vengono citati nominalmente, ma sono assorbiti all’interno del testo nella loro ricchezza e pluriformità.
“Non si è semplicemente parlato di sinodalità, ma la si è vissuta, facendo i conti anche con le inevitabili fatiche: nel lavoro dell’équipe diocesana – presbiteri, diaconi, laici, religiosi e religiose insieme, giovani e adulti, e con la presenza partecipe del Vescovo –, nell’accompagnamento discreto e sollecito delle parrocchie e delle realtà coinvolte, nella creatività pastorale messa in moto, nella capacità di progettare, verificare, raccogliere, restituire alla comunità”, rileva la Sintesi evidenziando che “l’esperienza fatta è stata entusiasmante e generativa per chi ha accettato di correre il rischio di impegnarvisi: in molti contesti ha contribuito a rivitalizzare gli organismi di partecipazione ecclesiale, ha aiutato a riscoprire la corresponsabilità che viene dalla dignità battesimale e ha lasciato emergere la possibilità di superare una visione di Chiesa costruita intorno al ministero ordinato per andare verso una Chiesa ‘tutta ministeriale’, che è comunione di carismi e ministeri diversi”.
 
Nella parte centrale, il documento presenta i dieci “nuclei” attorno a cui sono state organizzate le riflessioni emerse dalle sintesi diocesane: ascoltare, accogliere, relazioni, celebrare, comunicazione, condividere, dialogo, casa, passaggi di vita e metodo.
“La loro pluralità – viene precisato – non rappresenta un limite da superare, attraverso un’operazione di omogeneizzazione o di gerarchizzazione, ma contribuisce a custodire il fondamentale pluralismo dell’esperienza delle Chiese in Italia, con tutta la varietà di accenti e sensibilità da cui sono attraversate e di cui sono portatrici”.
Il discernimento sulle sintesi diocesane e l’elaborazione dei dieci nuclei hanno permesso di individuare alcune priorità che, con l’obiettivo di alimentare e sostenere il Cammino sinodale delle Chiese in Italia in comunione con il processo in corso a livello universale, si è scelto di raggruppare lungo tre assi, definiti “cantieri sinodali”: quello della strada e del villaggio (l’ascolto dei mondi vitali), quello dell’ospitalità e della casa (la qualità delle relazioni e le strutture ecclesiali) e quello delle diaconie e della formazione spirituale. Questi cantieri potranno essere adattati liberamente e ogni Chiesa locale potrà aggiungerne un quarto che valorizzi una priorità risultante dal percorso compiuto lungo il primo anno.
“Quella del cantiere – ricorda la Sintesi - è un’immagine che indica la necessità di un lavoro che duri nel tempo, che non si limiti all’organizzazione di eventi, ma punti alla realizzazione di percorsi di ascolto e di esperienze di sinodalità vissuta, la cui rilettura sia punto di partenza per le successive fasi del Cammino sinodale nazionale”.

Rimini: XLIII Meeting per l’amicizia fra i popoli. L’omelia del card. Matteo Zuppi

Pubblichiamo di seguito l'omelia che il Cardinal Matteo Zuppi, Presidente della CEI, ha pronunciato a Rimini domenica 21 agosto in occasione della s. Messa di apertura del XLIII Meeting per l’amicizia fra i popoli.
 
"Oggi contempliamo il sogno del profeta. Ne abbiamo bisogno nelle tante avversità che ci mettono alla prova e ci fanno sentire smarriti. Vediamo un piccolo anticipo del Signore che viene “a radunare tutte le genti e tutte le lingue”. “Essi verranno e vedranno la mia gloria”, abbiamo ascoltato dal profeta. Sentiamo tanta gioia e sempre nuovo stupore per questo popolo tratto dall’anonimato e dalla giungla della complessità. È l’incanto così umano che ci libera dal disincanto che si deposita silenziosamente nel cuore e finisce per farci accorgere di Dio e della bellezza dei suoi doni. Contempliamo la gloria di Dio, così diversa da quella degli uomini, spesso penosa, artefatta, traditrice dell’umanità stessa per chi la esibisce e per chi la insegue. Nell’antropologia digitale si nutre di follower e cura l’apparenza, spesso con grandi e vani sacrifici. La gloria di Dio è quella più vera degli uomini e si rivela nella fragilità, non nella forza; è per tutti e non per qualche influencer impresario di sé stesso; è per gli altri e per questo anche di chi la trasmette. La gloria di Dio la troviamo nella gioia di un muto che spiega finalmente il mondo che ha nel cuore; nelle lacrime asciugate di una donna che piangeva il figlio morto o nella speranza che si accende nel cuore di un peccatore raggiunto dalla luce dell’amore. La gloria di Dio è in chi ha visto il suo angolo del mondo raggiunto dalla preferenza che sceglieva proprio lui.

Oggi sono condotti qui “tutti i vostri fratelli da tutte le genti”, quelli i cui nomi portiamo ben scritti nel nostro cuore e i tanti che ci precedono nella strada per la festa senza fine ad iniziare dal servo di Dio Luigi Giussani che ricordiamo nel centenario della sua nascita. Ci guardano dal cielo e noi li guardiamo in un unico orizzonte infinito di amore. Quanto è vero che non si può avere Dio per Padre se non abbiamo la Chiesa come madre! E la Chiesa non è un’entità impalpabile, astratta, diafana ma assume i tratti, umani e spirituali, della nostra esperienza, della carne, del carisma di questa chiamata che ci fa riconoscere il dono che siamo. «Se il Verbo si è fatto carne, è in una carne che noi lo troviamo, identicamente», diceva Giussani, e quindi non “un devoto ricordo o un vago sentimento di pietà per Gesù”. Che tristezza, anche, i cristiani figli di sé stessi, che scambiano individualismo per maturità, che contrappongono l’appartenenza alla coscienza, la comunione alla responsabilità, un legame forte alla libertà interiore. Ecco la bellezza di essere qui aiuta tutti noi a godere della comunione che ci unisce tra noi e con la Chiesa tutta. Per capirla e aiutarla deve “approfondirsi nella fede personale, nel rapporto personale con Cristo e Dio”, non viceversa, cercando “prima di tutto aprirci a noi stessi, accorgerci vivamente delle nostre esperienze, guardare con simpatia l’umano ch’è in noi, prendere in considerazione quello che siamo veramente”.

Il nostro è un padre che “corregge colui che ama”. Dio ci tratta da figli, non da estranei; da padre, non da accompagnatore distratto che lascia fare o da asettico giudice che osserva e sentenzia. Il padre non coltiva il sospetto, non investe con il vento gelido di un giudizio distaccato, ma ci mette davanti a noi stessi, aiutandoci a scegliere, a ritrovarci, aspettando che siamo noi a raggiungere la sua e nostra casa per poterci abbracciare e renderci di nuovo padroni di noi stessi. Scriveva Péguy che il nostro Padre non ci possiede, ma desidera solo che cominciamo ad amarlo come uomini, liberamente, gratuitamente, aspettando l’ora segreta “quando i suoi figli cominciano a diventare uomini, / Liberi / E lui stesso trattato come un uomo, / Libero, quando la sottomissione precisamente cessa e quando i suoi figli divenuti uomini / L’amano”. E per ottenerci questa libertà, questa gratuità ha sacrificato tutto. Per questo “Sforzatevi di entrare per la porta stretta”. Gesù non allarga la porta dell’amore tanto da non significare più nulla. Non ne fa una su misura, perché Lui è la misura, la porta. Gesù guardò con amore l’uomo ricco ma questi pensò che fosse una porta troppo stretta lasciare tutto perché il suo cuore era nelle ricchezze e non capì l’amore del maestro, la sua passione che conquista il cuore e fa sentire nel cuore la “vibrazione ineffabile e totale”. È una porta stretta per le passioni tristi e epidermiche della nostra generazione. La porta della gratuità è stretta in un mondo dove decide la convenienza individuale o di gruppo, ma dopo scopri la libertà dell’amore. La porta del perdono è stretta all’inizio, ma poi apre a ritrovare se stessi e il fratello. La porta è stretta per chi pensa di provarne infinite senza imparare mai ad amare per davvero. “La cultura di oggi ritiene impossibile conoscere, cambiare sé stessi e la realtà “solo” seguendo una persona”, diceva Giussani. L’esistenza di una porta e per di più stretta infastidisce uomini come noi, allettati dal facile e dal rapido, convinti di avere diritto a tutto senza sacrificio, perdendosi davanti alle prime difficoltà. Gesù per primo passerà per la porta stretta del non salvare sé stesso, di bere il calice e di amare fino alla fine. È la porta che passa chi ama, chi ha una passione per cui “l’istante non è più banalità”, per chi non vuole “vivere inutilmente”, come diceva Giussani. La passano i piccoli, i peccatori, i mendicanti della vita, i sognatori che non si arrendono al vuoto dell’amore e alla depressione escatologica, cioè al vivere senza speranza. È la porta che si apre a quanti si mettono in cammino da oriente e occidente, non pensano di essere loro al centro e cercano Gesù e il suo prossimo. La porta è all’inizio stretta ma poi diventa incredibilmente larga, si apre all’infinito, tanto da raggiungere il mondo intero, da farci entrare nel regno dei cieli, cioè nella felicità con tutti. Entriamo per questa porta quando condividiamo nella caritativa quello che abbiamo con chi non lo ha; quando liberiamo qualcuno dalla tortura della solitudine, quando rendiamo amato il soffio della vita accompagnandolo dal suo inizio fino alla sua fine, quando invitiamo a pranzo chi non può restituircelo. La porta larga poi diventa, invece, terribilmente stretta, perché riduce tutto all’io! Il mondo e la Chiesa hanno bisogno della passione irriducibile e forte per l’umano, piena di Cristo e che riconosce in questo il desiderio di Dio. Gesù ha passato la porta stretta, “si è reso finito, per liberare la nostra finitezza e “condurla nella dimensione della sua infinità, per venire incontro alle esigenze del nostro essere”, per potere dire anche noi “Dio veramente grande! Dio veramente buono! io mi conosco ora, comprendo chi sono”.

“Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio”. Dio sia benedetto e sia benedetta questa nostra vita, da spendere, questa casa da costruire e amare con tutto noi stessi, questo mondo drammatico, pieno di sofferenza e di morte, di spreco e povertà, per cui avere la compassione di Gesù. È quella che ha vissuto e trasmesso Giussani che appena ordinato prete scrisse a un amico: «È da parecchi anni che io non piango più che per due motivi: il pensiero dell’infelicità eterna dei miei fratelli uomini – il pensiero dell’infelicità terrena degli uomini, simbolo di quella eterna. Noi Gesù ha scelto per gridare nel mondo il suo Amore e la felicità degli uomini: la grande e inenarrabile felicità che ci attende». È possibile. È il nostro ringraziamento per sentirla nel cuore. Sia la passione di ognuno per i nostri “Fratelli tutti”.

Santa Maria, Madre di Dio, conservami un cuore di fanciullo, puro e limpido come acqua di sorgente. Ottienimi un cuore semplice, che non si ripieghi ad assaporare le proprie tristezze; un cuore magnanimo nel donarsi, facile alla compassione; un cuore fedele e generoso, che non dimentichi alcun bene e non serbi rancore di alcun male. Formami un cuore dolce e umile che ami senza esigere di essere riamato, contento di scomparire in altri cuori, sacrificandosi davanti al Tuo Divin Figlio; un cuore grande e indomabile, così che nessuna ingratitudine lo possa chiudere e nessuna indifferenza lo possa stancare; un cuore tormentato dalla gloria di Cristo, ferito dal Suo amore, con una piaga che non si rimargini se non in cielo.

 

(Foto: Siciliani-Gennari/SIR)

A Castelguelfo concerto lirico e visita guidata

ALL’OMBRA DELL’ABSIDE DELLA CHIESA DI CASTELGUELFO

CONCERTO LIRICO E VISITA GUIDATA

 

La chiesa romanica di Castelguelfo, che si incontra sulla Via Emilia a metà strada tra Parma e Fidenza, oltre che luogo di culto è un importante monumento medievale risalente al 1230 (“ecclesia de Burgeto de Taro”), punto di riferimento per i pellegrini diretti a Roma. La Chiesa era dipendente dall’Abbazia Benedettina di S. Maria Maddalena di Vézelaj in Borgogna (Francia), da cui prende il nome; è stata poi patronato dei Pallavicino ed ebbe anche la protezione ducale; essa conserva nell’abside romanico bellissimi affreschi del ‘400. La chiesa è un gioiello artistico che la comunità locale intende valorizzare e far conoscere ad un pubblico sempre più vasto: perciò il Gruppo “Amici di Castelguelfo”, in collaborazione con la parrocchia di Castelguelfo – Pontetaro e con l’Associazione “Famiglia Aperta”, anche quest’anno ha organizzato alcuni eventi inseriti nel programma di “Estate delle pievi” ideato dalla Provincia di Parma, con il patrocinio e contributo del Comune di Fontevivo ed il sostegno della Ditta Azzali.

Il primo evento si terrà domenica 28 agosto: alle ore 17 sarà possibile visitare la chiesa con una visita guidata a cura della dott.ssa Giulia Greci, guida turistica certificata che farà un inedito excursus fra architettura, arte e simbologia della Pieve e del territorio circostante, nella sua valenza storica, culturale e religiosa.

Alle ore 18 nel cortile della chiesa, all’ombra del magnifico abside romanico, verrà eseguito il recital lirico (e non solo) “Mosaico Musicale” a cura del “Trio Verdi”: il Soprano Angela Gandolfo accompagnata al pianoforte da Roberto Barrali e da Giorgio Fiori al violoncello.

Il programma prevede romanze d’opera che spaziano dal verdiano “Ballo in maschera” alla “Norma” di  Bellini, passando per Faurè, Lehar e Wagner. Non mancheranno alcuni brani musicali tra cui la “Sonata per violoncello e pianoforte” di Chopin e brani del celebre “Il Carnevale degli animali”.

Ingresso libero e gratuito, consigliata la prenotazione per il ridotto numero di posti.  In caso di maltempo, il concerto si terrà all’interno della chiesa.

E' vivamente consigliato l’utilizzo della mascherina.

Prenotazione consigliata via mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., o whatsapp: 349-4551781.

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